Icot: istituto chirurgico
ortopedico traumatologico di Latina, una
struttura d’eccellenza che da più di
trenta’anni svolge attività di cura, riabilitazione e ricerca delle patologie
dell'apparato osteoarticolare con annessa attività di chirurgia e riabilitazione.
Oltre 10.000 i pazienti che ogni anno si rivolgono alla struttura e ben 449 i
posti letto messi a disposizione per il ricovero oltre a 20 ulteriori
postazioni riservate per il Day Hospital ed il Day Surgery. Diversi, inoltre, i
reparti presenti nella struttura:
Ortopedia e Traumatologia (con le sezioni specialistiche di patologia
della colonna vertebrale, del piede, del ginocchio, della mano, della spalla e
dell'anca) Riabilitazione Motoria Neurologia e Cardiologia, Terapia Intensiva e
Rianimazione ed il Centro Dialisi. Perfettamente funzionante anche il servizio
di Pronto Soccorso, convenzionato con il S.S.N. per assistenza
Medico-chirurgica-ortopedica d’urgenza. Grandi numeri, grande struttura, di cui
occorre sottolineare, a detta degli
stessi degenti, oltre alla cordialità di gran parte del personale (sia medico,
che infermieristico, che inserviente ) ed alla perfetta pulizia anche i confort
offerti (non ultimo il servizio televisivo, che permette, a prezzi modici, la
fruizione su schermi ultrapiatti della maggior parte dei canali gratuiti e non,
presenti sul territorio nazionale e gestito
dalla società esterna CHS Global Service). Eccellenza, quindi, è la
parola che viene in mente pensando all’ICOT. Eccellenza che rischia però di
essere vanificata da mancanze tanto banali quanto gravi. La prima è quella
legata al parcheggio: circa 45.000 i mq destinati al parcheggio che, pur
contenendo circa 400 posti auto, vede una sola cassa automatica per il
pagamento del ticket (dal trend non certo popolare visto che si spende 1€ l’ora
per le prime ore di permanenza) installata nei pressi dell’ingresso principale. Inevitabili
le file all’orario di uscita visite della mattina e del pomeriggio, che a volte
durano anche più di 15 minuti. Per non parlare poi dei casi (come avvenuto il
24 Gennaio scorso) di improvviso anche se temporaneo mal funzionamento della
macchina, che costringe decine di persone a recarsi al gabbiotto esterno(dov’è
presente il personale addetto della cooperativa esterna a cui è stata affidata
la gestione degli spazi auto) che dista circa 40 metri dalla cassa stessa.
Decisamente non funzionale, infine, l’accesso al reparto di rianimazione, raggiungibile
dal pubblico solo attraverso una scala ripida, senza corrimano per buona parte della
lunghezza e per giunta poca illuminata. Una vera e propria barriera
architettonica, che non diventa ufficialmente tale solo perché, a richiesta e
per motivi gravi, i familiari dei pazienti possono raggiungere il reparto
attraverso gli ingressi di solito utilizzati dal personale sanitario. Altra
piccola defezione il servizio del quinto piano, quello delle stanze a pagamento.
Un intero piano in cui i degenti che vogliano una stanza singola, o con la
possibilità di accompagnatore, pagando 203 euro al giorno, hanno la possibilità
di ricevere visite senza limiti d’orario godendo di una maggiore tranquillità.
Anche in questo caso, come ci spiega la figlia di una degente ricoverata lo
scorso Gennaio, il comportamento della maggior parte di infermieri ed inserviente
è molto professionale: ”La maggior parte degli inservienti e degli infermieri
sono gentilissimi, il reparto è pulito ed anche i pazienti ricevono cure
continue”. Il problema? La mancanza di informazioni. Il reparto, infatti,
ospita pazienti provenienti dai più disparati reparti e non ha quindi, al piano,
il medico di riferimento. Centrale diventa quindi il ruolo della Caposala, che necessariamente
dovrebbe in modo tempestivo fare da tramite tra il medico ed il paziente. Molto
spesso, tuttavia, le cose non vanno proprio così:” il giorno in cui mia madre è
stata operata- spiega ancora la figlia della paziente- non ho avuto notizie se
non dopo quattro ore, quando l’intervento è durato solo 40 minuti. Per sapere che
l’intervento era terminato e che era andato bene ma soprattutto che mia madre
era stata portata per precauzione in reanimazione, sono dovuta andare fino al piano
terra, farmi indicare in portineria il piano dove trovare il medio e finalmente
raggiungere quest’ultimo che peraltro è stato gentilissimo”. Un sentimento diffuso
quello delle mancate informazioni al quinto piano, che a volte genera anche
piccole tensioni tra familiari ed operatori nel caso in cui i primi siano
giustamente in apprensione per la salute dei propri cari nel frattempo, come si
suol dire, “sotto i ferri”. Piccole defezioni, piccoli disguidi, che diventano
però enormi per i familiari dei malati e per i malati stessi. Piccoli deficit
facilmente eliminabili per una struttura che rischia, altrimenti, di vedere deturpata
una reputazione che giustamente, continua altrimenti ad essere ottima.
fonte: Il Caffè-
Andrea Lucidi