martedì 14 febbraio 2012

ICOT DI LATINA: L’ECCELLENZA SI PERDE IN UN BICCHIER D’ACQUA


Icot: istituto chirurgico ortopedico traumatologico  di Latina, una struttura d’eccellenza  che da più di trenta’anni svolge attività di cura, riabilitazione e ricerca delle patologie dell'apparato osteoarticolare con annessa attività di chirurgia e riabilitazione. Oltre 10.000 i pazienti che ogni anno si rivolgono alla struttura e ben 449 i posti letto messi a disposizione per il ricovero oltre a 20 ulteriori postazioni riservate per il Day Hospital ed il Day Surgery. Diversi, inoltre, i reparti presenti nella struttura:  Ortopedia e Traumatologia (con le sezioni specialistiche di patologia della colonna vertebrale, del piede, del ginocchio, della mano, della spalla e dell'anca) Riabilitazione Motoria Neurologia e Cardiologia, Terapia Intensiva e Rianimazione ed il Centro Dialisi. Perfettamente funzionante anche il servizio di Pronto Soccorso, convenzionato con il S.S.N. per assistenza Medico-chirurgica-ortopedica d’urgenza. Grandi numeri, grande struttura, di cui occorre sottolineare,  a detta degli stessi degenti, oltre alla cordialità di gran parte del personale (sia medico, che infermieristico, che inserviente ) ed alla perfetta pulizia anche i confort offerti (non ultimo il servizio televisivo, che permette, a prezzi modici, la fruizione su schermi ultrapiatti della maggior parte dei canali gratuiti e non, presenti sul territorio nazionale e gestito  dalla società esterna CHS Global Service). Eccellenza, quindi, è la parola che viene in mente pensando all’ICOT. Eccellenza che rischia però di essere vanificata da mancanze tanto banali quanto gravi. La prima è quella legata al parcheggio: circa 45.000 i mq destinati al parcheggio che, pur contenendo circa 400 posti auto, vede una sola cassa automatica per il pagamento del ticket (dal trend non certo popolare visto che si spende 1€ l’ora per le prime ore di permanenza) installata  nei pressi dell’ingresso principale. Inevitabili le file all’orario di uscita visite della mattina e del pomeriggio, che a volte durano anche più di 15 minuti. Per non parlare poi dei casi (come avvenuto il 24 Gennaio scorso) di improvviso anche se temporaneo mal funzionamento della macchina, che costringe decine di persone a recarsi al gabbiotto esterno(dov’è presente il personale addetto della cooperativa esterna a cui è stata affidata la gestione degli spazi auto) che dista circa 40 metri dalla cassa stessa. Decisamente non funzionale, infine, l’accesso al reparto di rianimazione, raggiungibile dal pubblico solo attraverso una scala ripida, senza corrimano per buona parte della lunghezza e per giunta poca illuminata. Una vera e propria barriera architettonica, che non diventa ufficialmente tale solo perché, a richiesta e per motivi gravi, i familiari dei pazienti possono raggiungere il reparto attraverso gli ingressi di solito utilizzati dal personale sanitario. Altra piccola defezione il servizio del quinto piano, quello delle stanze a pagamento. Un intero piano in cui i degenti che vogliano una stanza singola, o con la possibilità di accompagnatore, pagando 203 euro al giorno, hanno la possibilità di ricevere visite senza limiti d’orario godendo di una maggiore tranquillità. Anche in questo caso, come ci spiega la figlia di una degente ricoverata lo scorso Gennaio, il comportamento della maggior parte di infermieri ed inserviente è molto professionale: ”La maggior parte degli inservienti e degli infermieri sono gentilissimi, il reparto è pulito ed anche i pazienti ricevono cure continue”. Il problema? La mancanza di informazioni. Il reparto, infatti, ospita pazienti provenienti dai più disparati reparti e non ha quindi, al piano, il medico di riferimento. Centrale diventa quindi  il ruolo della Caposala, che necessariamente dovrebbe in modo tempestivo fare da tramite tra il medico ed il paziente. Molto spesso, tuttavia, le cose non vanno proprio così:” il giorno in cui mia madre è stata operata- spiega ancora la figlia della paziente- non ho avuto notizie se non dopo quattro ore, quando l’intervento  è durato solo 40 minuti. Per sapere che l’intervento era terminato e che era andato bene ma soprattutto che mia madre era stata portata per precauzione in reanimazione, sono dovuta andare fino al piano terra, farmi indicare in portineria il piano dove trovare il medio e finalmente raggiungere quest’ultimo che peraltro è stato gentilissimo”. Un sentimento diffuso quello delle mancate informazioni al quinto piano, che a volte genera anche piccole tensioni tra familiari ed operatori nel caso in cui i primi siano giustamente in apprensione per la salute dei propri cari nel frattempo, come si suol dire, “sotto i ferri”. Piccole defezioni, piccoli disguidi, che diventano però enormi per i familiari dei malati e per i malati stessi. Piccoli deficit facilmente eliminabili per una struttura che rischia, altrimenti, di vedere deturpata una reputazione che giustamente, continua altrimenti ad essere ottima.

fonte: Il Caffè-


Andrea Lucidi

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